Idee e forme nuove nell’Inismo

Dalle origini alla Terza fase dell’Avanguardia
di Angelo Merante

Non sorprende, non dovrebbe sorprendere, che Edgar Allan Poe e Charles Baudelaire vengano tanto spesso chiamati in causa negli studi sull’evoluzione della poesia e in quelli dedicati all’origine dell’avanguardia. È la conseguenza diretta della loro rivolta contro luoghi comuni e convenzioni, tanto nel modo di intendere e fare poesia, quanto nel modo di vivere.

Poe e Baudelaire: una manciata di anni e un oceano dividono le loro esistenze – per tempo e spazio, certo, ma non trascuriamo i contesti sociali e culturali. Eppure, nelle formulazioni teoriche ed estetiche di entrambi si riconoscono i tratti di un’acuta lettura del pensiero hegeliano. Entrambi mirano a compiere – nella poesia come nella vita – il processo che dalla sensazione conduce alla conoscenza. In altre parole, dalla forma elementare alla forma assoluta del sapere. Se il pensiero vuole cogliere, e trasmettere, la realtà e il suo significato profondo, allora deve elevarsi a un grado di comprensione totale, assoluto, atto a cogliere l’unità delle determinazioni nella loro opposizione. Anche la poesia.

Idee nuove chiedono forme nuove. La forma espressiva cui giungono concentra l’essenza del sentire e del comprendere nell’attimo lirico totale, assoluto. Il rifiuto del lirismo romantico ha depurato la loro ricerca estetica da ogni intenzione didascalica, privilegiando le capacità di sentire e trasmettere. All’antico concetto di bellezza, ai suoi esausti moduli espressivi, essi oppongono la consapevolezza del sentire. Il brutto, l’imperfezione, l’anormalità si affacciano nella poesia quali argomento e veicolo, contenuto e contenitore di un inedito recupero del senso della realtà e della storia. Una lucida veggenza, se consideriamo il suo ruolo di presupposto per un’estetica non soltanto nuova, ma soprattutto proiettata in avanti. Aperta alle trasformazioni, in opposizione alla persistente cristallizzazione che aveva preceduto. Forme nuove chiamano idee nuove.

L’origine dell’avanguardia deriva certo dagli elementi di trasformazione sopra accennati ma risulta solo in parte delineata da essi. Occorre evidenziare il peso di altre componenti anche extraletterarie – non meno determinanti – quali il «riso», il «gioco», che interverranno nei circa vent’anni successivi. Pensiamo alle mutate condizioni sociali. Alla Comune. Autori quali Paul Verlaine, Arthur Rimbaud, Charles Cros, per citare solo i principali, alimenteranno l’atteggiamento negativo contro le convenzioni anche verso buona parte della letteratura e dell’arte, imponendo il rifiuto delle componenti tradizionalmente accettate e utilizzate. È illuminante la frase di Verlaine «Et tout le reste est littérature», nella misura in cui concentra

in poche parole […] l’effetto e il senso di ciò che potrebbe essere considerato, ante litteram, uno dei primi manifesti d’avanguardia proprio per aver impiegato, al momento opportuno, il termine «letteratura» con una pregnanza negativa, estranea alla poesia, alla creatività […]

(G.-A. Bertozzi, Introduzione, in Berenice, I S, IV, 8, luglio 1983)

L’accenno alla componente ludica, pure negativa e polemica, ci interessa in modo particolare, perché non ha prodotto soltanto disprezzo, «rabbia», indifferenza. Ha permesso di percepire il limite della parola e nello stesso tempo di individuare una poetica più ampia e libera, fondata su altri – e diversi – elementi. Pensando all’utilizzo in poesia di suoni, immagini e colori, all’attenzione verso le forme più disparate della scrittura, i primi riferimenti corrono soprattutto a Cros e Rimbaud. Anche se ancora si tratta per lo più di ricerche (se pensiamo al primo) o «follie» (se accogliamo l’autodefinizione del secondo) o – per essere più rigorosi – di intuizioni, visioni.

Per una loro prima attuazione sistematica in poesia occorrerà attendere ancora altri tre decenni. Nel frattempo, matureranno le forme organizzate in gruppi e movimenti. Programmi e manifesti segneranno la consapevolezza dell’agire in modo coordinato, convogliando energie di molti nella stessa direzione. La percepita fusione tra i “generi espressivi” (grafico, visivo, sonoro, materico e altro) comincerà a essere attuata con la prima avanguardia storica. Al Futurismo, viene infatti riconosciuto di aver iniziato la fusione dei generi espressivi, dei settori operativi:

Une autre caractéristique, très importante, de l’avant‑garde, est la chute des frontières entre les différents secteurs opératifs. On est peintre‑cinéaste (Ginna, Balla, Eggeling, Richter, Léger, McLaren), poète‑cinéaste (Majakovskij, Epstein, Vertov), peintre-photographe (Moholy‑Nagy, Ray, Veronesi, Schad, Lisitskij, Heartfield, Rodchenko). Baudelaire croyait, au XIXe siècle, à la correspondance des arts; Marinetti, à la compénétration des arts.

(M. Verdone, Idéalités de l’avant-garde, in Berenice, I S, II, 4, novembre-marzo 1981)

Nel corso del Novecento, le avanguardie (tanto quelle storiche, quanto le più recenti) hanno tuttavia dovuto fare i conti con il limite imposto dalla natura stessa degli elementi poetici utilizzati, avendo identificato – di volta in volta – la propria poetica in funzione di ciascuno di essi, non essendo riusciti insomma a evitare di circoscriverla, limitarla. È difficile immaginare – per esempio – lo sviluppo di una poetica esplicitamente fondata sul fonema (o sulla lettera), che possa essere attuato senza l’impiego dei fonemi, oltre l’impiego dei fonemi (senza la lettera e oltre l’impiego di essa).

L’Inismo (da INI, acronimo dell’originario nome Internazionale Novatrice Infinitesimale) è una corrente creativa nata dall’intuizione dei meccanismi che determinano l’innesco di tali limitazioni e la consapevolezza che esiste la possibilità di svincolare la poetica dalle barriere che pongono freni alla creatività. Si è dunque costituita e sviluppata con l’intento di dare consistenza a tale, meditato, “senso dell’oltre” di tradurlo in opere.

La prima tappa del percorso può essere delineata nell’aver compreso che dalla scissione delle parole emergono primariamente segni. Da intendersi naturalmente nel senso più ampio: sia materiale (grafie, colori, fonemi, suoni, immagini, forme…), sia immateriale (idee, sentimenti, sensazioni, visioni…). I segni sono elementi poetici di fatto nuovi, perché non contaminati dall’uso convenzionale. Nella straordinaria versatilità dei segni sono contenute infinite possibilità creative, molte delle quali ancora inespresse. Liberamente combinati e sovrapposti, i segni – noi inisti preferiamo chiamarli inie – caratterizzano opere, le cui possibilità creative si estendono oltre le delimitazioni e non è dunque possibile richiamarsi ai generi convenzionali (poesie, dipinti, incisioni sonore, romanzi, sculture, fotografie, oggetti, video, abiti…), perché la poetica che ne è alla base è un creare ampio e articolato su piani diversi e simultanei. Se Marinetti ha creduto nella fusione dei generi, gli inisti – attraverso l’inia – hanno superato il concetto stesso di genere.

Gabriele-Aldo Bertozzi, fondatore dell’Inismo, rivela il suo “pathos della visione” nel condensare la lucidità della pregnanza e le suggestioni del poeta quando definisce l’inia:

[…] orchestrazione di sentimenti e pensieri, la visione multipla e globale che ci presenta la vita.

(Da: Il Segno inista, dal catalogo dell’esposizione Inismo. 1980-1990, Roma-Cassino, 1990)

L’Inismo è stato a ragione definito movimento internazionale di creazione. I suoi esponenti hanno accettato anche il legame con il complesso e articolato percorso storico e creativo dell’avanguardia, intendendone in particolare l’atteggiamento interiore, nella sua accezione diretta di “essere avanti”, perché si precede, perché soprattutto si pone in essere il nuovo, l’inespresso, l’inatteso, l’inesplicabile. Sarebbe già molto, ma occorre sottolineare che si è posto un meditato accento sia sulle differenze nei confronti dell’arte ufficiale, quella unanimemente riconosciuta e accettata dalla società (e di fatto omologata, incapace di evolversi), sia sulla tensione ininterrotta che conduce a rimettere tutto in discussione.

In ragione di tali differenze, l’Inismo si colloca anche “contro”. Si tratta tuttavia più di effetto che di scopo: l’obiettivo perseguito si delinea infatti nell’applicazione costante e consapevole della creatività nelle più disparate forme dell’arte del fare (questo vuol dire poesia…), in assoluta indipendenza da modelli e convenzioni.

Inismo deriva, si è accennato, dalle iniziali dei tre termini che fin dall’origine hanno definito il movimento: Internazionale Novatrice Infinitesimale. La strada percorsa successivamente ha sancito per tale nome un’espansione semantica comunque implicita in un nome composto di tre elementi tutti indicanti estensione.

Il primo si commenta da solo, pertanto ci basta sottolineare che l’ampiezza della sua diffusione geografica arricchisce il suo significato con il continuo apporto di altre culture, ciascuna foriera delle proprie peculiari sensibilità, coscienze, idee. Culture insomma diverse, ma unite dal comune obiettivo di una creazione INInterrotta.

Altri aspetti riguardanti l’orientamento “supernazionale” verranno ricordati più avanti, ma almeno uno di essi merita un primo cenno. L’introduzione in poesia astratta dei simboli della fonetica internazionale:

[…] Notre poésie au contraire peut-être lue par tous parce que nous adoptons les symboles de l’Association Phonétique Internationale.

En ceci aussi nous sommes les premiers à avoir adopté l’unique solution vraiment universelle aujourd’hui. Extrêmement faciles à lire et à écrire, les symboles phonétiques internationaux sont même utilisés dans les petits dictionnaires à l’usage des touristes.

(Qu’est-ce que l’Internationale Novatrice Infinitésimale, CICK, Paris, septembre 1980)

Anche per la scelta del secondo termine, “novatrice”, non necessitano particolari precisazioni. Basta sottolineare che si è volutamente privilegiata la traiettoria di esercizio totale e assoluto della creatività. Se si procede su un tragitto novatore, mantenendo l’equilibrio fra conoscenza, coscienza e consapevolezza, allora a ogni passo anche l’inatteso può diventare solo inespresso. In sostanza, lo si è reso accessibile ai sensi. Esprimibile, dunque. E nel procedere si precede.

È invece opportuno dedicare un’attenzione particolare al terzo termine, forse il più tecnico e caratterizzante. In poesia, non meno che in matematica, l’idea di infinitesimale racchiude una doppia accezione. La prima, diretta, è appunto l’infinitamente piccolo e si collega in prima approssimazione alle conseguenze estreme del processo evolutivo della poesia. Questo ha condotto alla progressiva disgregazione delle unità del linguaggio (scritto, verbale, musicale, pittorico, architettonico…), per raggiungere e rendere utilizzabili creativamente i nuclei espressivi fondamentali, i segni (con tutte le implicazioni materiali e immateriali sopra riferite).

Accostare mentalmente una grandezza “piccola quanto si vuole”, individua però anche i contorni di un’indagine che spazia verso tutti gli ambiti percettivi messi in luce in tale processo, cogliendo le innumerevoli sfaccettature degli elementi individuati. E tutte le implicazioni che derivano dal considerarne natura e caratteri in ambito creativo. E dal ricombinarli in modo sistematico, e in simultaneità, sui vari piani espressivi.

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L’Internazionale Novatrice Infinitesimale viene fondata a Parigi, Café de Flore, il 3 gennaio 1980, da Gabriele-Aldo Bertozzi, con la partecipazione di altri autori fra cui Laura Aga-Rossi e Jean-Paul Curtay. Pochi giorni dopo, l’atto si ripete a Roma, anche per l’attività di Giulio Tamburrini.

L’11 settembre nel 1980, ancora nella capitale francese, si pubblica il documento Qu’est-ce que l’Internationale Novatrice Infinitésimale, testo riconosciuto quale primo manifesto della corrente. Al documento originale, redatto in francese, faranno presto seguito altre edizioni, in varie lingue. Contestualmente alla diffusione del manifesto, giungono le adesioni di Angelo Merante e Moreno Marchi. Intanto, si espongono, sempre a Parigi, le prime opere iniste (3ème Salon la Lettre et le Signe, settembre-ottobre 1980).

Una densa serie di eventi segna la cosiddetta fase pionieristica dell’Inismo. È necessario pertanto snellire la trattazione. Come tutte le scelte, anche la presente sarà funzione di un taglio personale, cercando tuttavia di privilegiare il piano dello sviluppo storico e dell’articolazione teorica nei 25 anni di attività ininterrotte.

I rappresentanti della nuova corrente ne diffondono i programmi, gli obiettivi. Stabiliscono molto presto contatti e relazioni internazionali. Oltre la fitta rete di corrispondenze e incontri, vanno anche segnalati i contribuiti di quanti – non inisti o non ancora tali – operano, per mezzo di segnalazioni, recensioni, articoli, alla diffusione delle istanze iniste. La prima pubblicazione inista, Qu’est-ce que l’I.N.I. – Cahier 1980, a cura di Aga-Rossi, oltre a contenere manifesti (in varie lingue), opere creative, testi teorici, programmi, reca già i segni dei consistenti contatti tra Italia e  Francia e verso Stati Uniti, Spagna, Argentina, Grecia, nonché i primi segnali dell’attenzione destata in tali Paesi dalle idee e l’attività del nuovo movimento.

Una significativa partecipazione inista all’esposizione La Lettre et le Signe dans l’art contemporain (Parigi, febbraio 1981) precede la prima “Esposizione di Poesia INI”, Di qua e di là dalla parola, ideata e diretta da Antonino Russo, altro pioniere dell’Inismo (Napoli, aprile 1981). Agli inisti già menzionati si vanno aggiungendo altri autori. Fra essi, ricordiamo almeno Kiki Franceschi e Andrea Chiarantini.

Seguono altre manifestazioni iniste, in Italia e all’estero, e, nel novembre del 1982, molti rappresentanti della corrente sono di nuovo a Parigi, invitati al Salon Écritures. Bertozzi estende la rete delle relazioni iniste e proprio l’ampiezza delle relazioni internazionali di un movimento di tanto recente formazione sorprende e desta l’ammirazione in molti esponenti delle avanguardie parigine, spesso carenti di quei continui flussi di energie atti ad allargare la visione e a determinare la continua spinta in avanti. Curtay riconosce apertamente la stessa proiezione in avanti anche nelle opere iniste, in particolare a proposito di una forma poetica inventata da Merante l’anno precedente e presentata appunto al Salon Écritures, l’Anagramma ottico. Nel suo aspetto più semplice, esso consiste di due scritture geometricamente contrapposte dalle quali è possibile ricavare, in simultaneità percettivo-interpretativa, una terza lettura, distinta dalle precedenti. Diventa facile intuire come il processo possa essere ripetuto più volte, identificando un’altra via per giungere alla poesia su diversi piani.

Anche la Spagna mostra attenzione per l’Inismo, pubblicando contributi creativi e teorici di Bertozzi, Marchi, Merante e altri in riviste (Mundo de Papel e soprattutto Koiné) che già lasciano presagire l’imminente plebiscito verso l’Inismo di ampie componenti della Movida nella seconda metà degli anni ‘80.

Nasce intanto il Teatro INI con Inisfera, pièce costituita da poesie e quadri astratti realizzati dagli inisti. Giorgio Mattioli, regista e attore, la rappresenta per la prima volta a Roma, con la sua compagnia, nel 1984.

Ancora nel 1984, il Sekondo Kwaderno Ini contribuisce a delineare l’ampiezza della visione operativa inista. Emergono inoltre riferimenti espliciti verso forme di poetica audiovisiva, già presenti nel primo manifesto della corrente, ma soprattutto il chiaro segnale del superamento dei generi espressivi per una visione di poesia totale. In tale ottica si inseriscono il romanzo inista (Città. Introduzione a un nuovo concetto di romanzo di Merante) e i contributi teorici di Giorgio Mattioli (Teatro INI) e Moreno Marchi (Filosofia INI), e ancora le sceneggiature di Pietro Ferrua (Cinema INI). In tale contesto, si inseriscono anche opere di fonetizzazione astratta: Bertozzi e Russo realizzano collages di voci, suoni e segni sonori di tutti i tipi; Mattioli focalizza le sue ricerche sull’uso della voce per realizzare, con i materiali sonori di Inisfera, un disco L. P. (1985); Merante punta sulla stratificazione di voci e suoni (reali o creati con strumenti elettronici) per raggiungere e definire nuove dimensioni poetiche: dalla sua composizione Knarjaòa (1985) prende avvio l’Inika sonorika.

Si stanno intanto organizzando in vari Paesi le Centrali Iniste, delineando “Inismi diversi” per un solo Inismo che non è e non intende essere una scuola, né tantomeno un gruppo. Piuttosto, si possono connotare movimenti distinti, se – volta per volta – li si circoscrive geograficamente; un’unica, ampia corrente, qualora se ne cogliesse il suo insieme.

Il primo nucleo inista non italiano è quello francese, anche per ragioni storiche (la costituzione ufficiale del movimento, la pubblicazione del primo manifesto e l’esposizione della prime opere iniste hanno in Parigi il comune denominatore). Ci limiteremo perciò a sottolineare la presenza di istanze iniste a Parigi già subito dopo la fondazione, grazie a Jean-Paul Curtay e Alain Borer. Oltre le esposizioni già menzionate, ricordiamo due mostre interamente iniste, organizzate e dirette da Merante presso l’Università di Poitiers (gennaio 1985) anche per rimarcare l’eco destata attraverso articoli e interviste su vari quotidiani. Nello stesso anno, inoltre, opere iniste figurano nella grande rassegna sull’avanguardia internazionale, Signes-Écritures dans l’art actuel (Grand Palais, Parigi). L’italo-francese François Proïa – autore e studioso di cinema d’avanguardia – si avvicina intanto alle istanze iniste.

Alla fine del 1986, Bertozzi coordina a Parigi una serie di incontri con i rappresentanti francesi del movimento e vari esponenti dell’avanguardia (fra essi Albert Dupont, Françoise Canal, François Letaillieur, Christine Tasiv), contribuendo all’ulteriore rafforzamento dell’Inismo in Francia e incrementando la partecipazione inista ad altre importanti esposizioni parigine: Désécritures (1986) e Décodages (1987).

 

Nel 1985, Pietro Ferrua fonda l’Inismo statunitense. Fra i più attivi esponenti, oltre il fondatore, si segnalano negli anni successivi Paul Thaddeus Lambert e Lex Loeb cui si affiancheranno Eva Lake, Casi Massingrill, Robert H. Ferry, Mary C. Wellinger e Mark Fisher.

Il 22 luglio 1986, Julio Carreras h., Esteban Olocco, Hugo Fiorentino e Daniel Doñate pubblicano il Primer Manifiesto INI Argentino, ottenendo subito adesioni anche in altri paesi dell’America Latina. L’evoluzione dell’Inismo argentino condurrà Carreras, senza dubbio il più attivo anche sul piano critico-teorico, alla pubblicazione, negli anni’90, di altri manifesti.

Porta la data del 1 gennaio 1987 il primo manifesto inista spagnolo, pubblicato sulla rivista Koiné e firmato da Encarna Galan e F.co Juan Molero Prior. Quest’ultimo, con la valida collaborazione di M. Luz Bermejo, Luis Campal, Nel Amaro e altri autori, avrebbe costituito rapidamente un attivissimo Inismo spagnolo e gettato le basi per attività iniste in Portogallo, tramite César Figueiredo, e in vari paesi dell’America Latina.

L’ampliamento anche geografico della corrente rivela presto due urgenze: comunicazione e velocità. Opere e teoria si compenetrano nella ricerca e nell’approfondimento di argomenti, istanze, traiettorie; i contributi si intrecciano in un dibattito che chiede – anche alla tecnologia – il supporto operativo che permetta risposte rapide. Non è forzato il frequente richiamo inista a Guillaume Apollinaire, il quale ricordava ai suoi contemporanei come gli ingegneri avessero impiegato secoli per realizzare il sogno della favola di Icaro e li incitava a produrre altri sogni da far realizzare.

L’Inismo – che, per la lungimiranza del suo fondatore, fin dall’origine ha sottolineato l’importanza dei mezzi informatici e audiovisivi in poesia – trova un “ascoltatore” attento in François Proïa. Il suo apporto alla corrente – ancora non sancito dall’adesione ufficiale – spazia dal Cinema INI (suo il lungometraggio INI soit qui mal y pense, realizzato nella seconda metà degli anni ’80) a opere grafiche realizzate con il computer (mezzo straordinario per sovrapporre e fondere i piani espressivi).

L’attenzione inista per le potenzialità dell’informatica nella poesia si manifesta anche nel contribuire in modo determinante alle prime realizzazioni di arte interattiva. Nel 1986, dal Centro Culturale Francese di Roma, Angelo Merante e Furio De Mattia (entrato ufficialmente nell’Inismo dalla fine dell’anno precedente), si collegano per mezzo di computer e telecopiatrice (l’antenato del fax) con altri artisti a Parigi, New York, Bruxelles, Caen e altre città, ideando e realizzando, rielaborando e trasformando opere in totale simultaneità creativa, ma offrendo anche una nuova valenza al primo elemento dell’acronimo “I.N.I.”, un più ampio senso di internazionalità.

Su un versante in un certo senso parallelo e complementare al precedente, applicando ed espandendo altre traiettorie critiche (anch’esse delineate nel primo manifesto inista), Bertozzi risolve l’annoso problema della traduzione, proponendo l’unica soluzione possibile a livello creativo: la traduzione astratta. Lui stesso e altri esponenti della corrente presenteranno ben presto opere iniste di traduzione astratta.

I precedenti, continui, richiami a temi in vario modo legati all’internazionalità non distolgano dalla centralità del programma novatore. L’Inismo inizia la sua “rivolta ragionata” partendo dal fonema per giungere, attraverso la parola, al segno (in quest’ottica, appare quasi superfluo ribadire l’uso sistematico in poesia astratta dei simboli della fonetica internazionale o l’introduzione dell’Inia, dell’Inika sonorika e ancora, qualche anno dopo, della VideoINIpoesia).

Se la rivolta vuole essere ragionata, il dibattito deve approfondire anche le questioni storiche e critiche. Oltre che per aver segnalato valenze e priorità prima trascurate, minimizzate o ignorate anche in ambiti d’avanguardia, l’Inismo sarà probabilmente ricordato soprattutto per aver delineato un metodo, una filosofia di ricerca. Bertozzi ha lucidamente osservato – in più occasioni – che non è l’uno o l’altro studioso a scoprire quel tale o talaltro poeta del passato, ma è prima di tutto la società che ha raggiunto il livello del loro linguaggio, del loro segno:

In quanto ai cosiddetti precursori ci si rende ben conto che, caso mai, non furono loro a venire verso noi, ma fu la società ad andare verso loro; meglio dire che spesso in loro si è cercato conferma di idee già raggiunte; insomma il precursore diventa una pura astrazione dal momento che viene sempre dopo l’idea che lo ha prodotto.

(dall’«Introduzione» a P. Verlaine, Hommes d’aujourd’hui, Mondadori, «Oscar Classici», 1996)

Alla luce di tali implicazioni, il processo evolutivo della poesia moderna è stato riletto con cura. Se si conviene con le precedenti “letture” sul ruolo di Baudelaire nel delineare una poetica nuova e per essere stato il primo ad aver concentrato l’attenzione sul componimento breve, il frammento, già emergono le distanze quando si tratta di chiarire l’apporto altrettanto fondamentale di Poe (peraltro, solo in parte considerato dai surrealisti ma giustamente chiamato più volte in causa proprio negli ambiti teorico ed estetico dallo stesso Baudelaire). Anche in merito all’opera di Verlaine, gli inisti non condividono pienamente quanto espresso da altri movimenti. L’apporto del poeta saturnino quale semplice prosecutore nella direzione tracciata da Baudelaire, concentrando ulteriormente la poesia al livello della frase, del verso, (la connotazione che risulta per esempio nell’analisi critica di Isidore Isou) appare limitato, ridimensionato. Forse, in ragione di un’eccessiva “sete di sintesi”, si è cercato in un certo senso di farne una sorta di connessione tra le poetiche di Baudelaire e Rimbaud. Pur accettando a grandi linee tale assunto, gli inisti hanno sviluppato, tanto sul piano storico quanto su quello critico, un’analisi assai più articolata dell’opera e del ruolo di Verlaine, rivelando in particolare la sua finezza critica, il grado di sentire e cogliere nel proprio tempo i segnali che già puntavano al futuro, la capacità non comune di raccogliere e trasmettere tali istanze, accelerando processi di cui aveva compreso lucidamente il significato e le potenziali ripercussioni.

Siamo ora giunti al punto di maggiore distanza dalle altre letture dell’evoluzione della poesia. secondo l’analisi di Bertozzi, pienamente condivisa dagli inisti: “dopo la parola (Mallarmé) e la lettera (Rimbaud), c’è il fonema (Marinetti e i futuristi)”. Per chi conosca anche in modo non approfondito le teorie che hanno preceduto l’Inismo, le differenze con schemi di lettura e interpretazione antecedenti sono evidentissime e sostanziali. Se poi si volesse approfondire la trattazione anche ricordando i numerosi saggi e interventi critici di Bertozzi sul solo Rimbaud o su Marinetti, le distanze risulterebbero ancora più grandi.

L’attenzione inista sul diverso modo di intendere il ruolo dei precursori ha permesso di ricostruire e motivare con adeguato supporto di documenti anche altri autori coinvolti nell’evoluzione della poesia. Il processo che quasi tutte le teorie precedenti hanno semplificato in modo eccessivo, schematizzando o minimizzando eventi e interrelazioni, si amplia invece con le “letture iniste” che investono, fra gli altri, Cros, Apollinaire, Beauduin, Picabia, Soupault. Si tratta di contributi teorici e critici la cui originalità è mai fine a se stessa. Di più, ciascuno di essi si integra con gli altri, componendo un ricco mosaico di coordinate interpretative riguardanti movimenti, gruppi e singoli autori, svelando implicazioni poco note e spesso inedite.

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L’esercizio della creatività non è di per sé prerogativa di pochi. Non sono necessarie transazioni perché ci si possa riappropriare di un’ampia dimensione poetica. Attraverso la creatività, l’uomo può essere libero. In ciascuno di noi esiste un poeta da scoprire. Per trovarlo, occorre cercare il modo di tradurre in consapevolezza le potenzialità ancora inespresse, le energie inutilizzate o, peggio, male impiegate. Lo scoglio più difficile da superare è spesso localizzabile nel passaggio da un’idea nuova all’azione cosciente che ne dovrebbe conseguire. Ciò spiega in parte l’esiguità dei gesti creativi che si contrappongano all’eccessiva invadenza di stereotipi e omologazioni.

Dalla seconda metà degli anni ’80, gli inisti estendono con maggiore incisività la loro “visione multipla e globale” a tutti gli aspetti della vita e si battono per accelerare un processo teso a una nuova presa di coscienza. Hanno compreso che in queste coordinate risiede la rivoluzione “copernicana” della poesia e che nel processo in atto vanno ampliati e approfonditi soprattutto gli aspetti etici dell’arte del fare. Comincia una “fase operativa” di ampia portata, segnata dalla pubblicazione di un nuovo manifesto.

Il Secondo Manifesto Ini viene redatto – dopo vari mesi di incubazione – nei primi giorni del settembre 1987, a S. Apollinare, nella campagna umbra. Il testo è letto e presentato il 5 settembre a Perugia, nella Sala Brugnoli di Palazzo Cesaroni. Il documento, intitolato Apollinaria Signa, in omaggio a Guillaume Apollinaire (fra i principali precursori dell’Ini) e alla località in cui si sono riuniti per la stesura, dichiara conclusa la “fase pionieristica” e, oltre a introdurre fondamentali considerazioni in tema di etica inista, ripete il rifiuto deciso di tutte le forme di sperimentalismo.

Gli eventi della “fase operativa”, distinti dall’intenzionale rapidità esecutiva, si intrecciano e spesso si accavallano, rendendo ancora più arduo il tentativo di organizzare il quadro storico, volendo mettere in risalto non solo date e avvenimenti ma anche argomenti, idee, prospettive.

La “fase operativa” si manifesta primariamente nelle opere. Il concetto di opera moltiplicatrice di significati raggiunge i bersagli primari dell’idea inista: il nuovo sentire, il nuovo fare. Nella stessa ottica di ampiezza, si scoprono, o si inventano, altri mezzi espressivi. Altri ancora sono dirottati verso applicazioni inedite. Ogni elemento concorre all’espansione delle risorse creative traducendosi in un’arte del fare che si offre, in modo ancora più completo e maturo, alla simultaneità percettiva dei fruitori emancipati.

La creatività non resta idea e non si limita a un programma. Tutti i domini espressivi (a quelli già introdotti nel corso della fase pionieristica, se ne aggiungono vari altri) sono perciò intesi quali aspetti complementari, ancora soggetti a trasformazioni, a rimodellamenti, sempre atti a interagire e concorrere nel tracciare le nuove coordinate operative dell’Inismo: l’Inia, il Romanzo inista, la Videoinipoesia, l’Inika Sonorika, il Libroggetto, l’Odeporika inista, l’Area fotografica inista,

Altre adesioni ufficiali estendono ulteriormente, fra il 1987 e il 1994, le aree geografiche e culturali investite dall’Inismo. Si ricordano, fra le altre, quelle di Lisiak Land-Diaz (Perù); Pedro Juan Gutierrez (Cuba) e Krister Follin (Svezia).

In Italia, aderiscono ufficialmente Eugenio Giannì e Sandro Ricaldone, già da anni vicini alle idee del movimento. Altrettanto può essere riferito per Proïa, da tempo gravitante nell’area inista. Per l’italo-francese l’adesione ufficiale alla corrente completa con l’impegno della militanza una presenza già anticipata dalle opere iniste. Con la sua totale adesione, e quelle – di poco successive – di Antoinette Valenti e Marinisa Bove, l’Inismo francese rafforza le già consistenti connessioni con quello italiano.

L’attività inista in Argentina e Spagna prosegue ininterrotta, alimentata senza dubbio dai riflessi della nuova fase operativa. I principali eventi sono da ricondurre a manifesti: El Inismo (Secondo manifesto INI spagnolo), Gennaio-febbraio 1990; II° Manifiesto INI Argentino, 22 luglio 1990; Julio Carreras (h) redige, l’anno seguente, Inismo en Argentina (manifesto), 24 giugno 1991.

Anche le manifestazioni si articolano, come preannunciato dal Sekondo Manifesto, su più ampi piani ideativi e realizzativi. Fra le principali esposizioni di opere, ricordiamo: Salon Comparaisons (Parigi, Grand Palais, 1988); L’Alphabet des Astres. Mostra internazionale del libroggetto (Chieti, Palazzo della Provincia, 1988); Mostra e dibattito sull’Inismo (Università di Firenze, Aula Magna della Facoltà di Magistero, 1988); Primera Feria Inista (Madrid, 1989); Inismo. 1980-1990 (Roma, 1990); Arte Embotellado (Turon, España, 1990); L’Inismo (ciclo di esposizioni nelle sedi dell’Alliance Française a Bologna, Bari e Venezia, 1990); Rimbaud e l’Avanguardia (Torre Ciarrapico, Francavilla a Mare, 1991-’92); Inismo. Dell’avanguardia il fonema (L’Aquila, 1992).

All’Inismo statunitense sono dedicate molte iniziative del 1993. Evento culminante, la mostra I.u.N.s.I.a. (Pinacoteca Barbella, Chieti) e il relativo catalogo, recante contributi scritti di Gabriele-Aldo Bertozzi, Lex Loeb, Paul Lambert e Antonio Gasbarrini.

Ancora per quanto riguarda le esposizioni, dalla fine di giugno alla fine di agosto 1994, ha luogo una grande manifestazione multimediale inista presso il Kemi Art Museum (a pochi chilometri dal Circolo polare artico, nella Lapponia finlandese), Inismi: the I.N.I. Avant-Garde. Vengono presentate le opere dei principali inisti italiani, spagnoli, americani, francesi, argentini, cubani: poesie, film, libri, videoinipoesie, inike sonorike, abbigliamento inista, testi teorici, documenti, riviste.

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Fra i domini operativi degli inisti, emerge ancora l’Inia. La nuova fase non ne ridimensionato la portata. Tutt’altro, il segno si evolve nella misura in cui si evolvono le idee. All’Inia si affiancano molti altri domini operativi, alcuni di essi sono stati già introdotti. Altri li ricordiamo ora, per completare il panorama della “Fase operativa”.

Il Romanzo inista è attuazione di idee, non tecnica. È la compenetrazione dinamica fra elementi poetici e fonetici, cromatici e materici. La densità delle scritture e la loro organizzazione formale producono e moltiplicano i significati, determinando nuovi sentire, conoscere, trasmettere. È una raccolta diretta a stabilire rapporti inediti fra Inie e una fabula su diversi piani formali ed esegetici,  in cui sono strutturati elementi che demoliscono la narrazione (nel senso in cui essa viene comunemente intesa) o atti a stabilire una narrazione di ordine superiore (forse il concetto più difficile da esprimere con le vecchie parole, in quanto collegato a forme libere che invadono pertinenze prima frammentate tra romanzo, teatro, musica, linguistica, glottologia… e oltre, per una sintesi dinamica di ampia portata). Nel territorio del romanzo inista – e forse proprio in ragione della sua vastità – è inoltre possibile distinguere (mai delimitare!) certi ambiti applicativi omogenei. Uno fra tutti, particolarmente caro agli inisti, è costituito dall’Odeporika inista.

Pur essendo una presenza costante nell’INI già dai primi anni di attività, i continui approfondimenti e trasformazioni, hanno con gli anni esteso le valenze della Fotografia inista. Non è perciò un evento occasionale il fatto che, nel 1996, Bertozzi abbia redatto un manifesto espressamente rivolto alla fotografia. A dire il vero, in un contesto già relativamente specialistico quale tende a essere il presente, sarebbe forse più corretto riferirsi a un’Area fotografica inista che comprenda la Fotografia inista, quando l’opera è realizzata e compiuta esclusivamente con la luce e i mezzi fotografici (chimici o digitali); la Photoinigrafia, se alla realizzazione dell’immagine-poesia finale concorrano interventi che oltrepassano quelli esclusivamente fotografici, comunque presenti e caratterizzanti, e l’Inigrafia, in cui la poetica si avvale in modo esteso di tutti i mezzi offerti dalle tecnologie (antiche, attuali o future) per la realizzazione delle immagini. L’area fotografica inista è l’estensione dell’Inia oltre i piani plastico, pittorico e informatico; è pathos vision. Si opera per il superamento della mera fruizione visuale della poesia (la fotografia e le arti visive tradizionalmente intese), per muoversi verso inedite dimensioni percettive mentali ed emotive.

Piuttosto complessa è la genesi della Videoinipoesia. Sue ascendenze sono forse rintracciabili –sul piano tecnico – soprattutto nel Cinema INI. Meglio, nell’oltrepassare l’ambito meramente cinematografico e raggiungere una dimensione poetica più estesa e articolata. Bertozzi ne ha ricordato in un suo scritto alcuni momenti precedenti e successivi alla stesura del manifesto:

[…] In apertura del dibattito io parlai di videopoesia, ma François Proïa propose subito una precisazione accolta da tutti e il nome divenne Videoinipoesia. Le príme tre videoinipoesie prodotte sono di François Proia, Giorgio Mattíoli, Gabriele-Aldo Bertozzi. Quella di Proia fu presentata durante la stesura del manifesto il 14 settembre. È intitolata L’Inismo ed è esemplare unico.

(Videoinipoesia, in Bérénice, NS, I, 1, marzo 1993)

La Videoinipoesia, come il romanzo INI, individua non tanto il mezzo utilizzato, quanto una filosofia. Anche la redazione del documento La Videoinipoesia. Manifesto inista (1990) contribuisce a sottolinearne un’essenza che, attraverso un approccio multimediale mai fine a se stesso, aggiunge nuove dimensioni al fare poetico. Per fruire pienamente l’opera occorrerà – ancora una volta – cogliere in simultaneità il pathos da molteplici piani espressivi di un collage pluridimensionale.

Con la pubblicazione de La Signora Proteo (Piovan, 1990; II ed., E.S.I., 1995), Bertozzi conduce anche il Teatro inista nella nuova “Fase operativa”. Nella nostra Prefazione alla prima edizione, abbiamo già osservato che in tutto lo spessore dell’opera domina l’invenzione libera e consapevole. Nella rilettura inista dei miti, dalla torre di Babele alla favola di Amore e Psiche, Bertozzi concilia in modo organico e compiuto ogni esigenza narrativa con le novazioni teoriche. Argomenti e idee si risolvono in dialoghi, monologhi ed elementi scenici inediti e carichi di pathos, di suggestione. Altrettanto il linguaggio: il testo rivela l’attenzione – tutta inista – dell’autore per la scelta di parole nuove e clonazioni lessicali, per il gioco caleidoscopico fatto di echi, rimandi interni, assonanze. Lo stesso Bertozzi non manca di sottolinearlo, nella premessa al testo: «Di fronte a certe parole non si pensi a errori del compositore: sono inedite».

Dell’Inika Sonorika, è già stato accennato che riorganizza gli elementi fonetici, verbali, sonori e musicali della parola. Per effetto della “Fase operativa”, la struttura su diversi piani si perfeziona e viene resa ancora più ampia dal sovrapporre e stratificare, nello spessore dei suoni, ulteriori segni, stimoli, emozioni – dunque non limitata alla sola funzione uditiva. Nell’agosto 1990, la Radio Nacional de España, nell’ambito del II Festival Internacional de Radio Art (FIRA ’90), trasmette Ompokema pt. 2, un’inika sonorika composta e interpretata da Merante. Nel presentare l’opera, l’emittente diffonde anche brevi informazioni sull’Inismo. Un’altra composizione dello stesso autore, Fonitiko Leòinjo, partecipa all’edizione successiva (FIRA ’91). Nello stesso ambito operativo, ma con taglio diverso (segnatamente, per l’uso sistematico del collage sonoro), si collocano le inike sonorike di Bertozzi, Fogli e acque e l’Ouverture de La Signora Proteo, realizzate su nastro magnetico, rispettivamente nel 1992 e 1993.

Una panoramica dei domini operativi degli inisti, pur volendo tralasciare in funzione della sintesi ogni intento di esaustività, non può trascurare il Libroggetto inista. Poiché si tornerà più avanti sull’idea di libroggetto, ci limiteremo a insistere sulla filosofia inista del collage, che questa forma espressiva trova un altro modo di aprirsi alle infinite possibilità creative prodotte da accostamenti inediti, sovrapposizioni di piani, calligrafie creative. Insomma, dall’orchestrare visioni, sentimenti, parole, anche e non solo pittoriche, oggettuali, fotografiche. Preme infatti sottolineare che attraverso il libroggetto vengono superati i precedenti settorialismi di forme ormai stanche e cristallizzate, divenute terreno fertile per ripetitività e luoghi comuni.

Cogliendole nel loro insieme, osserviamo che tali forme costituiscono “letture” nuove per un altrettanto nuovo sentire e non è superfluo ribadire che richiedono lettori emancipati, pronti a ri-conoscere le inedite suggestioni poetiche. Il fruitore dovrà riappropriarsi dell’uso di risorse soprattutto emotive abitualmente confinate nella latenza. Da ciò, come pure dal più profondo e meditato atteggiamento etico inista, trae motivo l’attenzione senza precedenti che dirigono verso la più ampia libertà interpretativa. Il superamento di regole e convenzioni costituisce un formidabile punto di partenza per un processo ininterrotto di creazione che coinvolga in pari misura autori e fruitori.

***

Una discussione che investa gli eventi della seconda fase dell’Inismo non può minimizzare il contributo dei cataloghi e in generale le pubblicazioni che in occasione di esposizioni e altre manifestazioni trovano motivo di essere. E’ il caso del saggio Che cos’è il Libroggetto, di Bertozzi, che appunto oltrepassa la contingenza di “catalogo” d’una pur importante rassegna di libro d’avanguardia e risolve (forse, per la prima volta) le antiche ambiguità tra libro oggetto e libro d’artista, proponendo la definizione inista Libroggetto che racchiude in un unico ambito interpretativo tutte le forme davvero creative centrate sul libro. Inoltre, il saggio si pone quale strumento fondamentale per chi voglia affrontare senza preconcetti l’argomento, accogliendo la visione inista al tempo stesso “unitaria” (essendo poesia anche tali forme di espressione), e “multipla” (in ragione delle diverse forme e modalità di attuazione).

Fra i “cataloghi” veri e propri si possono indicare quelli pubblicati nel 1990 per l’esposizione Inismo 1980-1990 e per il ciclo di mostre L’Inismo. Il primo reca un testo introduttivo di Bertozzi (Il segno inista); l’altro, una ben documentata presentazione di Sandro Ricaldone.

Ricordiamo ancora, nello stesso anno, la pubblicazione di Made INItaly, una preziosa raccolta di 13 cartoline realizzate dagli inisti, curata da Furio De Mattia in occasione dei primi dieci anni di attività della corrente. De Mattia, inoltre, proseguendo le sue attività nell’area dell’Arte Interattiva, rappresenta l’Ini alla manifestazione internazionale Transmission Points (E), ideata e coordinata da Natale Cuciniello (Napoli, 1990). Sempre nello stesso anno, Bertozzi e Merante sono invitati a rappresentare l’Inismo all’esposizione internazionale Il Librismo 1896-1990, ampia rassegna curata a Cagliari da Mirella Bentivoglio, centrata sugli interventi operati nell’area del libro da tutti i maggiori autori del Novecento.

Sempre in merito ai cataloghi, ricordiamo quello a cura di François Proïa pubblicato nel 1991 (anno del Centenario di Rimbaud) per la rassegna internazionale Rimbaud e l’Avanguardia, con testi di Paola Di Pancrazio, e il successivo (1992) INIsmo. Dell’avanguardia il fonema, curato e presentato da Antonio Gasbarrini (INIsmo: anno I dopo Rimbaud) e François Proïa (Après le déluge, l’Inismo).

La necessità di sintesi impone di tornare sulle questioni teoriche. Negli stessi anni, infatti, si approfondiscono, anche in importanti sedi accademiche, i dibattiti sull’Inismo, le sue realizzazioni e il suo ruolo nell’evoluzione della poesia. L’evento più significativo fu senza dubbio il corso Perspectives de la Poésie, tenuto da Bertozzi all’Université de Paris XII – Val-de-Marne, nel 1991. Nello stesso anno, col titolo Rimbaud. Le opere, i luoghi, Bertozzi affianca alla sua già vasta produzione saggistica intorno all’opera di Rimbaud, un elegante libro che raccoglie alcune fra le sue realizzazioni creative più significative, espressamente rivolte a una rilettura inista del poeta francese.

Per restare nell’ambito teorico internazionale, ricordiamo il Convegno internazionale Di qua o di là dalla parola che per la prima volta riunisce (nel 1992, all’Università di Pescara) i maggiori esponenti dell’avanguardia internazionale. Oltre agli inisti – promotori, Bertozzi in testa, e artefici dell’iniziativa – giunti da ogni parte del mondo, intervengono numerosi anche i poeti visivi, sonori, i lettristi, nonché studiosi, critici e appassionati. Trovano adeguato spazio, nei dibattiti ufficiali ma anche nelle numerose occasioni informali, spunti di incontro, di confronto, perfino di scontro sui temi della poesia, la sua evoluzione e le forme attraverso cui essa si esprime o si esprimerà. Collaterali ma ben integrate con i lavori del Convegno, si svolgono manifestazioni espositive e performance teatrali. Gli atti del Convegno, pubblicati su Bérénice (NS, I, 1, marzo 1993 – divenuta, nel frattempo, rivista di studi comparati e ricerche sulle avanguardie) costituiscono ancora oggi, per specialisti e non, un valido strumento per studi, approfondimenti e verifiche.

Cerchiamo ancora di segnalare alcuni importanti eventi, contributi teorici.

In Bérénice (NS, II, 4, marzo 1994): Art postal iniste (Bertozzi), Inika geografika (Giovanni Agresti), Essences absolues (François Proïa), Verso il verso ma in direzione opposta (Angelo Merante), Agenda inista (Lisiak-Land Diaz).

In Bérénice (NS, II, 5, luglio 1994): La realtà virtuale (Bertozzi), Introduzione all’Inika Sonorika (Merante).

Fra il novembre 1994 e il maggio 1995, si svolge all’Università di Pescara il Convegno internazionale Arti Comparate. L’idea di Visionario. Dagli atti del Convegno, raccolti su due numeri doppi di Bérénice (8-11) emergono i numerosi contributi inisti. Numerose anche le manifestazioni a esso collegate, dalle rappresentazioni de La Signora Proteo di Bertozzi, messe in scena da Giorgio Mattioli, al Premio Internazionale per le Arti Comparate “Sigillo Aureo Cepagatti”, all’esposizione di opere sull’idea di Visionario, e il relativo catalogo, L’idea di “visionario”. Dalla 3D alla Realtà Virtuale, a cura di Antonio Gasbarrini. (Seguiranno altre edizioni del Convegno Arti Comparate, negli anni successivi, su argomenti quali la Magia, i Mostri, la Menzogna).

Nel gennaio 1996, Laura Aga-Rossi divulga il documento Il caso Clemente Padín. Protomanifesto. Cosa non è l’Inismo!

Durante i lavori del Convegno internazionale Avanguardia, linguaggi e prospettive nell’era telematica (Università di Messina, 24-25 maggio 1996), Bertozzi legge il suo Primo Manifesto della Fotografia Inista, e presenta un’esposizione personale, interamente dedicata alle sue opere fotografiche.

Ancora a Messina, il 25 maggio 1996, nel corso dell’intervento conclusivo del Convegno, Bertozzi introduce un argomento del quale in seguito molto si è discusso. La sua rilevanza è tale che non è possibile non dedicargli adeguato spazio, senza tentare di riassumerlo ma limitandoci a minimi snellimenti che ci auguriamo non possano ridurre l’efficacia della relazione:

… Marinetti non è importante per aver inventato il Futurismo, ma per aver inventato l’Avanguardia. Le avanguardie storiche hanno avuto una vita piuttosto breve e arrivano alla Seconda Guerra mondiale. Si tratta dei grandi movimenti. La loro fase è quella della rivolta. Dopo […] inizia una nuova fase in cui le avanguardie, pur cambiando, restano per quello che hanno “insinuato”, mutato. Così resta pure il nome, «avanguardia», con un significato non più di rivolta, ma di rivoluzione: cambiare qualcosa che esiste già.

[…] Ora assistiamo all’avanguardia che torna alla purezza originale, cioè l’avanguardia che è sola, solitaria. […] sono finite tutte le grandi teorie, il mondo ha fatto piazza pulita di tutte le ideologie, l’unica che difende ancora l’intelletto […] è ancora l’avanguardia. E all’avanguardia, oggi, nel mondo, ci sono rimasti soltanto gli inisti: sono tornati a essere quegli “orribili lavoratori” annunciati da Rimbaud e da Marinetti, i sabotatori, se volete, del consumismo e della ripetizione, rivoluzionari solitari, in ogni caso, in questa era che ha visto cadere tutte le ideologie […] proprio a partire dal 1980, quando l’Inismo senti l’impellente bisogno dì nascere, di respirare, in quel tempi che si facevano soffocanti. Ricordo all’inizio quando i suoi rappresentanti, giocando con le analogie storiche, si paragonavano al Dadaismo, movimento che si oppose a un dilagante ritorno all’ordine. Oggi, il paragone non sarebbe più possibile per la sproporzione, essendo noi così pochi rispetto a una reazione tanto colossale quanto ottusa; essendo noi combattenti più sistematici e consapevoli dei dadaisti. E presenti nei punti e nei momenti più nevralgici. Segnando, contro la caduta delle ideologie nel mondo, la TERZA FASE DELL’AVANGUARDIA.

 

Dopo aver letto e riletto tanto su cui meditare, non sembra ragionevole insistere su questioni teoriche in questa sede. Ci saranno presto occasioni per riprendere l’analisi. Anche in merito agli eventi più recenti, mancando la distanza temporale che riteniamo necessaria a garantire una lettura critica ragionata, solo alcuni – già considerabili rilevanti – e comunque solo quelli non successivi al 2000 – verranno tracciati nelle note che seguono. Vogliamo precisare inoltre che sono state volutamente omesse numerose esposizioni, in particolare tutte le pur numerose personali dei vari inisti (con una sola, motivata, eccezione riguardante Bertozzi) in un’ottica che nella parte cronologica ha voluto privilegiare gli interventi dell’intero gruppo.

Le pagine di Bérénice (NS, IV, 12, novembre 1996) ospitano Arkitettura Nova. Manifesto inista di Bertozzi e altri interventi inisti sull’Arkitettura.

Presso l’Acanthus Gallery di Portland (Oregon) si svolge l’esposizione inista How to choose the right movement (gennaio 1997).

Madrid. Il Museo Nacional – Centro de Arte Reina Sofia, ospita la manifestazione multimediale Jornada de vanguardia inista  (21 settembre 1998).

Ancora nel settembre 1998, la rivista spagnola Art Teatral dedica al teatro italiano contemporaneo un libro (collana Autores de hoy). Nell’antologia figurano tre opere iniste, La señora Proteo (Bertozzi); El color del signo (Merante) e Gradiva. La que avanza (Aga-Rossi).

Atlanta (USA), novembre 1998. Nel corso di un congresso internazionale sui nuovi linguaggi della poesia, il prof. David W. Seaman, direttore del Department of Foreign Languages della Georgia Southern University (Statesboro, USA) dedica tutto il suo intervento all’Inismo.

Bérénice (NS, VI, 18, novembre 1998) dedica ampio spazio al Teatro INI.

Bérénice (NS, VIII, 24, novembre 2000) contiene interventi inisti nell’ambito della moda.

Nella primavera del 2000, a Buenos Aires (Argentina), presso il centro di arte e cultura La Recoleta, si svolge una grande esposizione di opere iniste. Segue, pochi mesi dopo, un’altra esposizione inista, Painted 2000, al museo statale di Kemi (Finlandia).

Roma, 23 Febbraio 2005

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