Primo Manifesto Inista di Grafe Koinè 1993

La fabbrica dei segni

[traduzione dallo spagnolo/castigliano]

 

Le attuali lingue europee sono tutte, ad eccezione del Finlandese, Ungherese, Estone, Maltese e Basco, di origine Indoeuropea.

 

La loro consolidazione come dialetti letterari è un fatto storico molto recente. A questo hanno contribuito le grafie nazionali, le quali, anziché facilitare la comunicazione tra genti di lingue molto simili, hanno attuato, di fatto, autentiche barriere linguistiche.

 

La frattura della Lingua Latina, uno dei dialetti indoeuropei, è il caso più conosciuto, in cui hanno preso parte cause economiche, politiche e sociali.

 

L’isolamento dei diversi gruppi, la fine degli scambi economici e culturali e soprattutto il frazionamento politico dell’Europa Occidentale, motivarono la creazione delle attuali lingue nazionali.

 

Il substrato linguistico quando ci fu, giocò sempre un ruolo residuale.

 

Duecento anni fa era molto raro che una persona viaggiasse o abbandonasse il suo luogo di origine, e se lo faceva era in forma definitiva (emigrazioni transatlantiche). I viaggi, tali come oggi li intendiamo, erano lunghi, lenti, faticosi e costosi, ed erano riservati a un’élite di origine aristocratica. Con l’apparizione dell’automobile si ruppe l’isolamento, con questa si poteva viaggiare con il cattivo tempo, arrivare alla più recondita valle o scegliere il più difficile posto di montagna, la sua apparizione produsse una rivoluzione, non solo nel campo dei trasporti, ma anche della linguistica. La creazione dei primi neografi fu legata a essa.

 

Per la prima volta grandi masse di persone si muovevano con facilità con un mezzo comodo, rapido ed economico.

 

Gli incipienti fenomeni di Koinificazione accelerarono con l’arrivo dell’automobile, abolendo le frontiere linguistiche europee. La sua apparizione rese necessaria una forma nuova di comunicare ai conduttori di veicoli a motore lo stato della strada, i suoi pericoli e divieti, in modo semplice e chiaro. Era imprescindibile che tutte le persone, anche senza conoscere la lingua del paese, fossero in grado di capire la citata informazione.

 

In base a una serie di pittogrammi (codice uno), forme geometriche e colori, si creò il primo codice linguistico comune (Koinè), risultando l’unico caso fino ad oggi conosciuto di interlingua, in base all’idea che più semplici erano i segni impiegati, più facile era la loro comprensione. In questo modo s’invertivano i fenomeni di disgregazione che avevano caratterizzato le lingue indoeuropee durante gli ultimi duemila anni.

 

Questi fenomeni non furono esclusivamente europei, ma in nessun luogo furono così rapidi e profondi come nel nostro continente. Il processo d’instaurazione dei neografi fu molto veloce.

 

In un primo momento si circoscrisse al mondo del trasporto : segnalazione di stazioni ferroviarie, taxi, imballaggio, porti, aeroporti, ecc., abbracciando tutto il movimento urbano delle nostre città.

 

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, con la creazione della Comunità Economica Europea (1957), il processo si accelerò a causa dell’intensificazione del trasporto di persone e beni. Presto abbracciò tutte le aree economiche : industria meccanica, chimica, alimentare, tessile, turistica, ecc., e apparvero neografi nel marchio di tutti i prodotti.

 

Le lingue nazionali impiegate nei mezzi audiovisivi, per una lunga tradizione e prestigio, impedirono per moltissimo tempo che questi fenomeni si generassero nella stampa, nella radio e nella televisione.

 

Con la creazione dell’Unione Europea (1992) e l’apparizione di catene multilingue come EURONEWS, questi fenomeni arrivarono a tali mezzi.

 

All’estendersi i neografi in tutti i campi della vita moderna, questi si amalgamarono con la lingua nazionale del paese nei diversi livelli.

 

A ridurre i significanti al concetto mentale d’immagine o rappresentazione (CODICE UNO. Vedere sul tema le opere di FERDINAND DE SAUSSURE, 1837-1913), assumiamo come codice zero l’oggetto (oggetto-segno) e come codice dieci la lingua nazionale del paese (in questo caso il Castigliano).

 

L’oggetto è pertanto in sé stesso un segno. Al segno-oggetto diamo il nome di codice zero.

 

Alla rappresentazione di un codice zero (segno-oggetto) su un supporto (carta, video, pietra, metallo, ecc.) diamo il nome di codice uno.

 

Pensiamo di voler comunicare : ACQUA NON POTABILE, VIETATO BERE.

 

Il codice dieci sarà « Acqua non potabile, vietato bere » e il codice uno un cartello con un bicchiere, il codice due un bicchiere sbarrato, il codice tre l’immagine di una fontana e un bicchiere sbarrato, il codice quattro l’immagine della fontana, un bicchiere sbarrato e la parola « NO », il codice cinque una fontana, un bicchiere sbarrato e le parole « NON BERE », ecc.

 

Tanto più semplice sarà il messaggio tanto più basso sarà il suo codice e più universale la sua comprensione, ma ogni codice dovrà avere sempre una formulazione precisa, qualunque sia il suo livello.

 

Ogni segno modifica la sua lettura quando si aggiungono più elementi (vedere la teoria di Perrida).

 

Il codice più complesso è il codice dieci, essendo più complesso necessita di un apprendimento per la sua comprensione, incluso un ordine e una formulazione precisa, senza di essa non avrà alcun valore.

 

Ogni codice dieci è per la sua struttura una successione matematica, costituita da successioni di grafi che formano fonemi, successioni di fonemi che formano parole, successioni di parole che formano frasi e successioni di frasi che costruiscono un testo o codice.

 

Le successioni di grafi, frasi e parole non hanno alcun valore, né concreto, né astratto in sé, in un codice dieci. Siamo noi che glielo diamo in forma arbitraria (o per tradizione culturale).

 

Lo stesso grafo, fonema, gruppo di fonemi, parole o gruppo di parole, possono avere diversi valori concreti o astratti dipendendo dal gruppo al quale appartengono e dal codice dieci che si utilizza.

 

Noi inisti pertanto non parliamo di lingua, ma di codice dieci.

 

Tanto meno parliamo di poesia, ma di successione poetica. È così perché ogni poema è una successione di grafi, fonemi, parole e frasi alle quali attribuiamo un valore concreto e astratto, così come un tipo di ritmo (metrica, rima, ecc.).

 

Ogni successione (Prosa) o successione poetica (Poesia), si trova sempre su un supporto per poter essere ascoltata, vista, toccata, ecc., ed una stessa successione poetica può avere codici diversi.

 

Qualunque sia il codice cui appartiene, si dovrà distinguere sempre tra il codice dove si trova il poema e il supporto sul quale si colloca. Come conseguenza di questa distinzione, noi inisti abbiamo diversificato la nostra opera in : poemi-scultura, visuali, poemi sonori, videopoemi, libri-oggetto, poemi azione, poemi mobili, poemi oggetto, ecc.

 

Nel proporci la poesia come qualcosa d’infinitesimale, nuovo e internazionale (I.N.I. dal quale deriva il termine Inismo), abbiamo rotto con la vecchia poesia e con i muri artistici che l’affogavano, liberandola e trasformandola in uno strumento artistico universale.

 

Nel farlo abbiamo trasformato la poesia in un’arte infinitesimale nelle sue forme e internazionale nei suoi codici, così com’è nuova la forma d’ intendere e amare la poesia.

 

Madrid, 1° novembre 1993

IBIRICO

MARIA-LUZ BERMEJO

MOLERO PRIOR

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *