Secondo Manifesto Basco 1993

[Il secondo manifesto inista basco, Esto no es una crisis, del 1993, è stato tradotto in italiano da Laura Aga-Rossi e pubblicato su Bérénice, NS, I, 2 (luglio 1993)]

 

Non è una crisi

 

Perché l’arte non è in crisi. È in crisi la politica e i governi, l’economia, la sensibilità, l’etica… l’arte non è morta… sono morti Van Eyck, Lope de Vega, Beethoven… Sono pure in crisi o per meglio dire morti quelli che pensano che l’arte sia finita con Van Eyck, Lope de Vega o Beethoven.

 

ZEINU(Э) officina di poesia inista nasce con il pensiero e la consapevolezza delle diverse avanguardie sorte ovunque, esercitando la libertà per una bellezza incurante della massa che amoreggia con il bello, con la manifestazione dell’indefinibile e naturalmente con l’emozione.

 

Crediamo che la poesia non sia più schiava della bellezza, delle rime e dei versi, che non sia più quella classica o di un barocchismo desueto che con la sua presenza invade e neutralizza le nuove bellezze o una poesia piena di sguardi afferrati nel suo discorso silenzioso o la cui estetica non ha prodotto cambiamenti che corrispondano a quelli avvenuti nella società e nelle altre arti.

Una poesia che è rimasta ferma, ancorata anacronisticamente all’idea che l’elemento fondamentale per la comprensione e la conformazione di qualsiasi livello di messaggio debba basarsi su ispirazioni mentali, cerebrali, come se solo il messaggio poetico fosse prodotto di sentimenti.

 

Noi non abbiamo abbandonato il bello, l’emozione o il sentimento nel nostro esercizio di comunicazione. Perché la nostra poesia in questa ansia di superamento dei limiti linguistici è costantemente irreale, la spostiamo dai campi reali a quelli simbolici; lettere e testi si scambiano con sensazioni e sentimenti di modo che i nostri poemi si formano con parole perdute o trovate, con segni grafici, sonori, spaziali… tutta una successione linguistica che possiede un valore universale e infinito.

Forse la letteratura in senso stretto e i poeti, i vecchi poeti inorriditi dai nuovi esercizi calligrafici, dimenticano, credendosi creatori dell’unica poesia esistente, l’origine e le date d’inizio delle nuove Avanguardie che possiamo far risalire a Baudelaire, ma un breve studio potrebbe offrirci una lunga serie di poeti « rivoluzionari ».

Questa poesia, tuttavia, avanza lentamente in un cammino pieno di poeti intellettualmente conformisti e imborghesiti.

Come se la poesia tollerasse un imbottigliamento della sensibilità e una mancanza totale di curiosità nel captare il nuovo.

Dobbiamo cominciare a dimenticare la poesia creata esclusivamente per essere stampata.

 

Proponiamo un universo, una nuova letteratura, un codice nuovo nella freschezza, nelle immagini e nei segni che da sempre hanno albergato nel nostro spirito.

Entriamo nel labirinto d’infinite parole, entriamo dalla porta dello sguardo e lasciamo che il linguaggio si muova sui terreni fluidi del non detto, di un silenzio originale, di un sentimento o di un’immagine che solo il gesto può interpretare con l’ausilio dei colori, delle forme, dei tratti, delle lettere… di un linguaggio essenziale.

Per questo la poesia inista svolge uno studio del linguaggio fin dai suoi elementi materici. Crea codici linguistici che allontanano dal carattere orale del linguaggio, non invece nella sua interpretazione come successione matematica nel tempo.

 

Intendere è una parte del piacere estetico dello sguardo. Comprendere nel senso di stabilire un dialogo tra nessi possibili non solo con parole, aprendo quella porta al gioco di gesti, calligrammi, immagini, colori… un gioco che provoca la parola e il silenzio. Non limitarci al funzionamento orale di un poema ma alla percezione che un poema costituisce un’unità visiva e una strategia della sua unione con il tutto.

La poesia in tutti i suoi stimoli visivi, di suono, di tatto, struttura, dimensione, proporzione rappresenta un significato che si raccoglie in calligrammi raffigurati e nelle forze compositive che esistono o coesistono nel contenuto del poema.

I termini come significato, esperienza, estetica o bellezza confluiscono nello stesso punto del poema.

 

Pertanto non vogliamo chiudere la poesia fra barriere stilistiche e linguistiche, non vogliamo chiudere la poesia in successioni di proposizioni imprigionate sui fogli di carta.

 

L’Inismo come sintesi dinamica propone una nuova poesia che definiamo CODICE UNIVERSALE INFINITO (C.U.I.).

Per secoli siamo stati schiavi della carta e delle parole stampate per far poesia. Oggi noi inisti proponiamo nuovi supporti, nuovi codici.

Diamo perciò il passo al suono, al colore, al profumo, al tatto. Diamo il passo anche a una poesia con vita propria, con rilievo, materialità e con la sensibilità con cui un giorno lo fecero le parole.

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