CromoINIfonia

 Il colore della musicaù

1 – Nota di poetica inista

 […] Le nostre opere mostreranno sintesi cromatiche musicali, recita testualmente il “Secondo Manifesto Ini”; ebbene, la CromoINIfonia è un atto creativo inista. Esso si propone di tradurre un testo musicale in forme e colori in modo da rendere visibile l’aspetto estetologico del suono a quanti non hanno la possibilità di percepirlo adeguatamente. Se Sérusier, Kupka, Charchoune, Kandinsky e altri hanno stabilito delle relazioni tra musica e colore, se hanno cercato di identificare degli accordi tra colore e suono, le loro opere non possono considerarsi delle vere traduzioni ma semplici sensazioni visive. Nessuno che le guardi potrà seguire il percorso musicale dell’autore, né stabilire il valore delle note, il tempo della battuta e la durata dell’opera. Con la CromoINIfonia possiamo percepire visivamente le connessioni, le armonie, i contrasti, il tempo, la durata, ecc. poiché esse vivranno sulla tela così come nell’aria del teatro. Il fruitore potrà non avere particolare familiarità con la semiotica musicale, noi gli permetteremo di vivere e di apprezzare le raffinatezze musicali mediante l’uso del linguaggio visivo, poiché potrà leggere l’opera musicale così come quella pittorica. Egli potrà bloccare il tempo, potrà tornare indietro o andare avanti, potrà vedere simultaneamente l’armonia e la melodia, potrà seguire con gli occhi un’intera battuta, nota per nota, pausa per pausa. Potrà abbracciare in una visione d’insieme l’intero componimento, bloccare il tempo e ridurlo a un palpito d’occhio; e tutto in virtù della corrispondenza tra frequenza e lunghezza d’onda, tra valore del tempo musicale e quello spaziale, tra il numero delle battute e quello dei moduli, tra le ottave delle note e le corrispondenti dei colori. Non un’ottava, ma fino a tre, cinque, sette ottave (ed anche oltre) potranno essere prese in considerazione. Si percepiranno delle scale ascendenti come delle discendenti, del trillo come delle sincopi, ecc. E la traduzione non costituirà una pianificazione ma permetterà a ogni traduttore di esternare la propria sensibilità artistica così come quando si accinge a tradurre delle poesie; perciò un’apertura ad angolo giro, in cui s’intersecano campi diversi all’interno di una logica multimediale.

L’Ini – afferma Laura Aga-Rossi – Non è una scuola dove c’è il più bravo della classe […] Noi, con entusiasmo, guardiamo alla creazione, alla vita! […] L’Ini vuole indirizzare la sensibilità e gli impulsi migliori verso la creatività, la sola capace di liberare l’uomo[1].

 

2 – Il colore della musica

CromoINIfonia:
Cròmo = sostanza colorante, colore o pigmento;
INI = acronimo di Internazionale Novatrice Infinitesimale (Terza fase dell’Avanguardia: Futurismo, Dadaismo, Inismo);
Fonìa = suono.

Si racconta che mentre Kandinsky assisteva alla rappresentazione dell’opera wagneriana Lohengrin al teatro di corte di Mosca, lo entusiasmò il suono degli strumenti forti. “Mi sembrava – afferma l’artista – di avere davanti agli occhi tutti i miei colori. Davanti a me si formavano linee disordinate, quasi assurde”[2].
Non è il solo a entusiasmarsi davanti alla “maestosità” di un complesso di suoni, altri come lui avevano tentato non solo di rappresentare il “suono” ma anche le sensazioni che la percezione di un’opera musicale poteva provocare. Scribian prova col suo “pianoforte a colori” a visualizzare il suono creando composizioni di grande fascino; il pittore lituano Mikolajus Ciurlionis all’inizio del Novecento lo fa trasferendo la musica in dipinti semiastratti. Paul Sérusier prova a stabilire nel suo trattato “L’ABC de la peinture” l’equivalenza tra musica e colore e identifica i colori con l’accordo cromatico Rosso o Rosa = Do, Giallo = Mi, Verde = Sol (Paesaggio del Bois d’AmourIl Talismano, 1888). Serge Charchoune realizza Paesaggio sentimentale, 1923, facendosi coinvolgere dalla melodia di una serie di liberi passaggi sonori; Kupka realizza Amorfa, Fugue à deux couleur, 1911-12, mentre Paul Klee si diverte con Iscrizione, 1921-23.

Kandinsky è l’artista che ha dedicato il suo entusiasmo alla fusione tra pittura e suono, non a caso troviamo titoli come Suono Giallo, 1911 (opera per la quale il musicista Artmann era stato invitato a scrivere lo spartito musicale), Suono Verde, 1911, ecc. Ma ciò che realizza è solo un quadro in cui rivivono le sensazioni sonore che lo hanno coinvolto; perciò percepisce nel Verde i suoni calmi e lunghi, nel Giallo quelli pungenti e irrequieti, e nell’Azzurro i suoni celesti.

Quante, di queste opere, permettono all’osservatore di penetrare l’opera musicale, quanto appartiene all’artista e quanto al musicista? Quello che ha realizzato Kandinsky (Volteggio, 1935), ad esempio, è solo una libera interpretazione del suono e delle sue vibrazioni, ma quando andiamo a osservare l’opera come facciamo a sapere quale parte del pezzo musicale è posta in evidenza e quale, invece, permane nascosto? Non solo, è possibile fare un processo inverso, vale a dire porsi davanti all’opera pittorica e ricavare le armonie (o le disarmonie) dell’opera musicale? È possibile percepire, attraverso i colori proposti dall’artista, la sensibilità del musicista, il suo umore, il suo entusiasmo, le sue tristezze, ecc.? Se è vero che i colori equivalgono al suono, è possibile il processo inverso? Da quanto è stato offerto dobbiamo convenire che non è data una risposta positiva: in nessun caso è reso di risalire alla fonte. Ogni opera è un’esperienza soggettiva che risente del momento in cui si è ascoltata l’opera musicale, dell’umore e della sensibilità. Kandinsky non avrebbe mai potuto riprodurre la stessa opera pur immedesimandosi sulla medesima melodia. Ciò che manifesta è il suo stato d’animo, la sua lettura, il suo modo di accogliere dei messaggi.

In tempi recenti Luigi Veronesi, artista e scenografo, ha cercato in qualche modo di avvicinarsi alla pura trascrizione del testo musicale. Scrive:

Sappiamo che l’altezza di un suono, cioè la differenza qualitativa di un suono rispetto ad un altro, è data dalla differente frequenza delle vibrazioni in un tempo stabilito, cioè dall’ampiezza delle vibrazioni, ossia dalla loro lunghezza d’onda. Il tono di un colore, cioè la differenza qualitativa fra un colore e un altro, è dato dall’ampiezza delle vibrazioni, ossia dalla lunghezza d’onda del colore, ma anche le vibrazioni cromatiche hanno un loro rapporto di tempo, perché è evidente che ad A onde lunghe corrispondono B onde corte. È dunque possibile stabilire, in senso astratto, un parallelismo fra vibrazione sonora e vibrazione cromatica[3].

Quanto l’artista offre di J.S. Bach, in Fuga n. 1 non è che la proposizione della vibrazione del colore dovuta alla sua lunghezza d’onda, in ordine progressivo, nella maniera che si evince dallo spartito musicale. Si potrebbe registrare come la visualizzazione del particolare di uno scaffale i cui volumi si offrono alla vista grazie al colore delle coste alle quali Veronesi fa corrispondere una nota stabilita “in senso astratto”. Seppure in modo larvale questa potrebbe permettere una lettura inversa, vale a dire dall’opera allo spartito, considerato che le fasce in verticale si susseguono nella maniera delle note.

Cos’è che manca perché si possa avere realmente la percezione armonica dell’opera musicale? È l’altezza delle note, la sua distribuzione all’interno delle singole battute, il rapporto tra valore delle singole note e dell’intera battuta, la diversità dei piani tra melodia e armonia, e così via. Manca, in altri termini, la possibilità di visualizzare, in un insieme unitario, le diverse ottave (centrale, inferiore e superiore) che compongono lo spartito e dunque la melodia connessa all’armonia.

CromoINIfonia è il modo che permette di superare i diversi ostacoli e si pone come mezzo per percepire con gli occhi quanto non riesce all’udito; è un sistema che offre, a quanti hanno scarsa familiarità col mezzo sonoro, di appropriarsi della bellezza dei suoni grazie agli accordi visivi del colore, a individuare non la personalità del “traduttore” ma quella dell’autore, il musicista. CromoINIfonia è la traduzione di uno spartito musicale e segue le regole di qualsiasi traduzione, sonora o linguistica che sia. Esistono una grammatica, quella del colore, e una sintassi che è della musica. Tradurre un’opera musicale in una pittorica significa, perciò, mettersi al tavolino e disporre le note cromatiche nell’ordine e nell’ampiezza delle note musicale. Trascritta l’opera, questa può essere data a realizzare a chiunque, poiché si tratta di riportare su un adeguato supporto quanto è già stato predisposto.

 

3 – Regole grammaticali

a. Suono e colore

L’idea di Kandinsky di registrare col Verde alcuni suoni calmi o quella di Sérusier di far corrispondere al Rosso il Do, al Giallo il Mi o al Verde il Sol è senza dubbio interessante, ma priva d’ogni oggettiva relazione. È difficile pensare che quando Bach scrivesse la sua Fuga n.1 avesse in mente un particolare colore quando tratteggiava la nota Do; credo, al contrario, che avesse in mente più la percezione della frequenza che non quella della lunghezza d’onda. È chi non ha il “potere” di percepire la frequenza che ricorre al bisogno di un colore. D’altronde, se desideriamo rilevare la sensibilità del musicista, occorre rimanere nell’ambito delle frequenze, non delle lunghezze d’onde.

Poiché la regola prevede l’uso degli stessi mezzi che hanno permesso all’opera musicale di raggiungere le corde della nostra sensibilità, vi è, perciò, necessità di riportare il colore all’ordine delle frequenze. Prendiamo il caso delle note Do e Re, le cui frequenze (HZ) sono rispettivamente 580-560 e 587,33. Se desidero sapere a quale colore ognuna corrisponde, bisogna che traduca le stesse in lunghezza d’onda. Trovo che la frequenza di Do corrisponde alla lunghezza d’onda di 580-560 e quella di Re a 530-500. La prima si riferisce alla nota cromatica Giallo, la seconda a quella di Verde. Abbiamo così:

Do = Giallo; Do#-Re/b = Giallo-Verde; Re = Verde; Re#-Mi/b = Verde-Azzurro; Mi = Blu; Fa = Azzurro-Viola; Fa#-Sol/b = Viola; Sol = Viola; Sol#-La/b = Rosso; La = Rosso-Arancio; La#-Si/b = Arancio; Si = Arancio-Giallo.

b. Modulo e battuta

Ogni battuta musicale permette una diversa distribuzione delle note in base al valore a essa assegnata. Se abbiamo una battuta di 4/4 vuol dire che il musicista vi ha collocato un insieme di note la cui somma non supera il valore di 4/4. Ma avrebbe potuto, ovviamente, utilizzare battute dal valore di 2/4, 3/8, 6/8, ecc. E’ necessario, dunque, procedere nel modo prescelto dall’autore e operare all’interno di un modulo equivalente a quello dello spartito.

Il modulo è l’elemento più semplice per dividere lo spazio, sia musicale sia cromatico. Esso offre l’occasione di misurare l’ampiezza totale e di distribuire il colore in base al supporto prescelto. Nel caso dell’ascolto di una sinfonia, esso è di tipo “orizzontale”, vale a dire si estende nel tempo su un unico piano di ascolto. Per quanto riguarda, invece, l’opera riprodotta in colore, essa deve necessariamente adeguarsi al campo spaziale, il quale corrisponde al testo musicale: più pagine per una stessa opera.

c. Le ottave

Nello spartito non tutte le note fanno parte della stessa ottava; è necessario, perciò, che anche la nostra tavolozza cromatica contenga tutte le ottave necessarie.

Il rapporto frequenza-lunghezza d’onda su riportato si riferisce all’ottava centrale, ma si possono ugualmente ottenere rapporti corrispondenti all’ottava inferiore, superiore e così via. Come? Considerato che la frequenza aumenta o diminuisce in base all’ottava, si può ugualmente aumentare o diminuire la stessa facendo ricorso alla luminosità o brillanza del colore. Un colore più luminoso, a causa dell’aggiunta del bianco, rende più “acuto” il suono, vibrante; uno meno luminoso, determinato dalla presenza del nero, lo rende più “ottuso”, calmo, oscillante.

Che non sia possibile eguagliare la variabile delle frequenze di una nota, è quanto di più inesatto si possa dire. L’occhio umano riesce a percepire, secondo gli studi di Rudolf Arnheim (Arte e percezione visiva, 1971), più di 400 tonalità tra il bianco e il nero. A livello informatico si hanno variabili che superano i 4.000.000 di toni. È, dunque, possibile offrire su un supporto fisico tutte le variabili possibili.

 

4 – Traduzione di una battuta musicale

Proviamo a tradurre in colore una battuta musicale. Prendiamo la battuta n. 53 dell’opera Per Elisa, di L. van Beethoven.

La battuta si sviluppa all’interno del tempo indicato dall’autore: 3/8. Il modulo, perciò, si presenta con una larghezza equivalente a 3/8 dell’altezza. Poiché ci accingiamo a tradurre uno spartito per pianoforte, ci troviamo a fare i conti non solo con la melodia (la parte superiore del testo) ma anche con l’armonia (la parte inferiore riservata agli strumenti di accompagnamento).

Il numero delle note corrispondenti è dodici, di cui alcune identiche (Sol): la divisione dello spazio segue, ovviamente, il numero delle note (12). Ogni nota oltre ad avere un equivalente nel colore ha uno sviluppo “spaziale” in larghezza (poiché hanno tutte il medesimo valore, 1/32), in altezza (a causa della loro posizione all’interno delle ottave) e una disposizione corrispondente al valore spaziale delle stesse: ecco perché le sei note di Sol “invadono” col Rosso-Giallo le altre costringendole a una diversa conformazione ed espansione.

La parte inferiore, riservata all’armonia, contiene al suo interno una pausa: in quanto assenza di suono, essa è rappresentata con un suo equivalente, il Nero (assenza di colore). Anche in questo caso, la distribuzione segue quello delle note. Il fatto di avere dei colori piuttosto brillanti è dovuto all’ottava superiore alla quale le note appartengono.

In questo caso si è trattato di una sola battuta, ma potremmo proseguire traducendo l’intera opera.

Eugenio Giannì
Perugia, solstizio d’estate 2018

[1] A. Merante, Prefazione a G.A. Bertozzi, La Signora Pròteo, Abano Terme, Piovan Editore, 1990, p.9.
[2] H. Düchting, Kandinsky, Ed. Taschen, p.10
[3] L. Veronesi, Proposta per una ricerca fra suono e colore, Milano 1977

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