Primo manifesto della fotografia inista 1996

Questione di codice

(nota introduttiva)

 

Graffi, segni, bruciature, violenza sulla pellicola hanno rappresentato il massimo della creatività (sic) nell’ambito dell’avanguardia; vecchiette rugose, bambini nudi o scemi, gente povera, muri scalcinati, facce rimbecillite, effetti demenziali hanno rappresentato il massimo della creatività (arisic) nell’ambito della (retro)guardia.

 

Si deve intendere per fotografia inista il risultato incontaminato di un’operazione creatrice realizzata esclusivamente con una pellicola inserita in un apparecchio fotografico. È dunque una scrittura inista ottenuta con la luce e con esclusione a priori di ogni intervento manuale o col computer o con qualsiasi altro mezzo.

 

Si distinguerà pertanto dalla « fotoinigrafia » opera ricca di segni scritturali, pittorici o di altra natura posti successivamente. (Si aggiunga che i miei amici e io usiamo scrivere « photoinigraphia » quando il supporto fotografico, nonostante gli interventi, resta primario).

 

Inigrafia invece è nome generalizzante che può definire qualsiasi operazione inista (testi, traduzioni, iconografia, ecc.). Può indicare anche fotoinigrafie e photoinigraphie.

 

Tra la fotografia inista e la photoinigraphia occorre pure registrare il « poème [photographique iniste] », poesia fotografica impiegata nell’arte postale (non necessariamente, ma soprattutto) che per convenzione (e per praticità) è divisa solo nelle seguenti categorie :

 

  • poème-paysage
  • poème-ville
  • poème-portrait
  • poème-image

 

quamvis claris sit coloribus picta vel poësis vel oratio

 

Gli inisti quindi, nonostante la loro fiducia nelle insuperate possibilità degli antichi utensili, nelle illimitate, ma non concorrenziali, applicazioni del computer (con tutti i programmi e le estensioni previsti e da prevedere) e di ogni altro apparecchio ancora in bozzolo di sogno, chiamano « fotografia inista » quella parte di pellicola, purissima, suprema, intangibile che la luce ha impressionato (probabilmente era un rullino da dieci quello che Mosè riportò dalle falde del monte Sinai).

 

Gli inisti quindi, e io per loro, nonostante l’abolizione di ogni settore operativo (tra poesia, pittura, scultura, musica, video, ecc.), chiamano « fotografia inista » quell’eternità che nasce da una sola madre.

 

Manifesto

 

La fotografia inista è visione, visionarietà.

 

È pathos vision.

 

È fotopatia.

 

Inigrámma.

 

È fotografia per antonomasia, ma è spesso fotocromografia.

 

Annulla il figurativo nell’astratto; l’astratto nel figurativo.

 

Non è aneddotica (o è di un’aneddotica superiore, inista).

 

Libertà.

 

Simultaneità.

Misticismo.

Parossismo.

 

C

Amor. Grandiosità. In quell’istante, ero a Parigi, nel primo giorno della primavera 1995 e uscivo dal Salon du Livre (Porte de Versailles) mentre l’oro del tramonto riempiva i cristalli degli alti palazzi di fronte. Fui alchimista, creai l’opera, ma al posto di alambicchi – o pennelli con colori a olio o acrilici o tempera o pastelli – o penne dai diversi pennini e inchiostri – o software del mio PowerBook, presi i cieli, mobilitai la città di Parigi, imprigionai Cromo e Crono e versai fiumane di colore puro e di oro finissimo divenuto il più ricco e possente tra i Poëti. Sostituii la fremente città alla tavolozza, il mondo alla penna. Nello stesso anno viaggiando sugli oceani (Atlantico in agosto), spostando i popoli, spingendo continenti alla deriva, dall’Africa della Regina di Saba all’Asia del Mar Rosso (in autunno), a Cracovia delle brume e dei draghi… eccomi… sconvolgiamo la sintassi in un’interrelazione dinamica, perenne tra errore e norma, tra luce e colore, tra storia e divenire. Ecco il 1996, primavera pure Salon du Livre : al posto di tubetti e cartucce d’inchiostro uso domini e spazi divenuti miei che nessun Creso potrebbe permettersi. Sono arrivate le rondini.

on le rondini ripenso all’aneddotica figurativa del passato (non per le rondini, loro innocenti, ma per l’incapacità espressiva degli uomini che le scelsero come simbolo). Una rondine non fa primavera. L’arte prima era figurativa, poi venne il deterrente della fotografia.

 

La fotografia prima era figurativa, poi venne il deterrente dell’arte.

 

Il collage ha un’anima di colla, la fotografia inista ha un’anima di luce.

 

Chi troppo in alto sale cade sovente

precipitevolissimevolmente.

 

Fotografiamo

  • La neve eterna del sole anche con un apparecchio che può valere meno di un cambio di gomma della vostra auto;
  • le scritture più magiche che gli altri non vedono;
  • le trasparenze, le sovrapposizioni sympathiques, charmantes, formidables, séduisantes, audacieuses, tendres;
  • i fiori di Marte. Sono fiori molto sensibili. Si ergono su uno stelo cavo che termina nell’imbuto aperto della corolla. A una forte emozione, l’imbuto si strozza, termina il ciclo dei semi e l’aria che rimane chiusa si gonfia col calore del sole, così vicino a Marte, fino a scoppiare proiettando i semi lontano. Ciò avviene sempre in modo naturale per la fecondazione non essendoci l’apporto del vento;
  • l’attimo puro inista;
  • l’infinitesimale;
  • l’immagine mentale.

 

Historia

(Appendice)

JULIUS Applemayer incontrò in una mattina di primavera, in una vivace via della sua città, una Nikon FM2/T, Limited Edition, Number 232. Non riusciva a spiegarsi perché l’avesse così tanto colpito. Aveva incubi. Nel dormiveglia la volontà perdeva il sopravvento. Sussultava… la perdita irreparabile. Pensava : « Forse è un gatto. Bellezza e pigrizia sono le sue virtù : lo scatto le unisce ». Arrivò così alla conclusione che la natura aveva fatto con la scienza un matrimonio d’interesse.

La sua vita divenne come le sue fotografie: un dì si alzò e riprese quelle determinate immagini che forse non avrebbe sentito un altro giorno, così compiva azioni, aveva relazioni con altri che avrebbero potuto essere diverse : si trovava là con le sue fotografie per volere e per caso.

Dapprima indugiò sull’aneddoto :

 

– Sei bravo. – Grazie. – Che festa meravigliosa ! Guarda che ti ammazzo ! Non mi prenderai ! – Si sbaglia dottor Jean-Paul ! – Ho detto così. – Ti manderò a…

 

Poi si diresse verso una fase di maggior concentrazione :

Gli insetti avevano un grosso vantaggio rispetto ai poeti : invaghire, peritare, estraniare ! Il vampiro fece una smorfia di disgusto. La campagna esce dall’obiettivo.

Era la rivoluzione. Fu in quel periodo che conobbe Blanche, una specie di Nadja (Breton), ma più ottusa nella sua provocazione. Non perdeva mai occasione di ricordargli che vi è grandezza e miseria in ogni rivoluzione. La grandezza è che un uomo del popolo può chiamare un re per nome e dirgli : « vieni, ti porto al patibolo »; la miseria è che quell’uomo del popolo può essere un imbecille che produce fotografie molto apprezzate. Che importava al suo grandangolare ? Il coraggio estremo coincide con l’estrema vigliaccheria; la forza più alta con l’estrema debolezza. « Uno che ha personalità come me – si diceva Applemayer –, sceglie le cose da perdere ». In realtà aveva “le mal de Paris”. Vi si recarono insieme per un viaggio di cozze, cozze dell’Oceano Atlantico (Mar Granda in Lingua d’Oc) che là si chiamano « moules ». Alloggiarono nel quartiere di Plaisance (XIVe Arrondissement). Seguirono alla lettera l’ordine del giorno : « Noi dovremmo ripulirci. Non ci abbandoneranno mai tutte queste scorie che ci soffocano e ci umiliano ? Il nostro lavoro è certo il più duro ! Non solo dobbiamo lavorare circondati da quintali di scorie di vecchia fotografia che la società produce quotidianamente, ma anche ascoltare le patetiche grida iconoclaste, assistere ai ritorni di fiamma, al ripetersi di un’“avanguardia” che avanguardia non è più. Tuttavia la linea della storia è ormai tracciata. Noi siamo la punta più avanzata del nostro tempo… e la storia futura esporrà al ridicolo molte celebrità dei nostri giorni come prodotto di quell’ignoranza e di quell’incapacità che già sappiamo definire ».

Fotografarono in seguito il caos riconducendolo all’ordine supremo. Non conobbero più limiti. Com’era piccolo il tempo per la loro mente così grande ! Com’era piccolo il mondo per il loro diaframma !

Quando infine trovarono l’immagine magica, fonte di tutte le altre, scoppiò la Nikon FM2/T, Limited Edition, Number 232, e di loro non si seppe più nulla.

 

Gabriel-Aldo Bertozzi

Parigi, 21 marzo 1996

 

Nota al Primo manifesto della fotografia inista.

 

Dal 1996 ai nostri giorni perfino la tecnica fotografica ha subito radicali mutamenti, e per molti sembra che oggi quel primo manifesto sia incomprensibile o meglio mal interpretabile, così Bertozzi in tempi recenti ha dovuto redigere

 

Una nota per la rilettura

del Primo manifesto della fotografia inista (1996)

 

[…]

All’epoca era appena nato (1995) il primo MAC della Apple e non si faceva ancora uso, come oggi, di Photoshop per la sovrapposizione di una o più immagini. Era inoltre un periodo nel quale la fotografia si realizzava con la pellicola e non col digitale.

Oggi pertanto si può impiegare il computer per le realizzazioni di fotografie iniste.

Il fondatore dell’Inismo realizzò fotografie iniste con la pellicola, come indicato nel manifesto, e utilizzò poi il digitale per altri tipi di fotografia.

Solo raramente Bertozzi ricorse al computer, in un secondo tempo, per la realizzazione di “nuove” fotografie iniste, e oggi è tornato per la loro realizzazione anche, ma non esclusivamente, alla pellicola.[1]

Inoltre nel primo manifesto non venne neppure segnalata la realizzazione di fotografie nelle quali le inie, i segni vengono creati direttamente su modelli/modelle vivi, in particolare nudi, volti, come in molte opere di Gabriel-Aldo Bertozzi e Gabriella Giansante.

 

Da OGGI (2018), si può seguire la seguente classificazione:

 

  • Fotografia inista è il risultato incontaminato di un’operazione creatrice realizzata esclusivamente con una pellicola inserita in un apparecchio fotografico. È dunque una skrittura inista ottenuta con la luce e con esclusione a priori di ogni intervento manuale o col computer o con qualsiasi altro mezzo (ormai queste opere sono rarissime).
  • Fotoinigrafia è un’opera ricca di segni skritturali, pittorici o di altra natura posti successivamente sul supporto fotografico. Si usa scrivere Photoinigraphia quando il supporto fotografico, nonostante gli interventi, resta primario. Rientrano nella definizione Photoinigraphia pure le skritture (o inie, segni) su nudi, volti di modelle/modelli ripresi fotograficamente dall’autore/autrice. Entrambe, foto e skrittura, sono opera esclusiva dell’autore. Qui il corpo umano, pur usato come le pagine di un libro o una tela per pittura, non è però da considerarsi “supporto”, ma parte integrante della poetica fotografica.
  • Inigrafia invece è nome generalizzante che può definire qualsiasi operazione inista (testi, traduzioni, ikonografia, ecc.). Può indicare anche Fotoinigrafie e Photoinigraphie.

 

Per la didascalia di opere digitali, seguire lo schema generale indicato sopra, tenendo presente le seguenti distinzioni riguardanti la tecnica utilizzata:

  • La Pittura digitale inista è un’opera realizzata solo ed esclusivamente con le risorse grafiche del computer.
  • La Fotopittura digitale inista è un’opera contenente elementi fotografici realizzata prevalentemente con le risorse grafiche del computer.
  • Inigrafia digitale (kosì kome l’Inigrafia) è nome generalizzante che può definire qualsiasi operazione digitale inista (fotografia digitale, interventi su testi, ikonografia, ecc.).

 

[1] « Una nota per la rilettura del Primo Manifesto della fotografia inista (1996) », in Omaggio all’inismo. Movimento Internazionale d’Avanguardia, Pescara, SIGRAF, pp. 49-50.

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